Autore: Enrico Lipani

open education

 

 

A che serve studiare ? A cosa serve buttare lacrime e sangue sui libri ? A crescere bene ? No. 

Ad evadere dal carcere. Ma quale carcere? Il carcere dell’ignoranza. 

Una nazione che non si preoccupa di far uscire i suoi cittadini dall’ergastolo dell’ignoranza, si condanna.

Il 21 secolo non sarà una lotta politica tra comunismo e capitalismo, ma una lotta tra aperto o chiuso. 

Tra economia aperta o chiusa. 

Tra un sistema politico aperto o chiuso. 

Tra un sistema educativo aperto o chiuso. 

La democratizzazione o no della conoscenza dipenderà, appunto, dall’apertura o dalla chiusura del sistema educativo. 

È per questo che parliamo di open education.

I Paesi che adotteranno un sistema educativo aperto, avranno nel tempo una maggiore attitudine a ridurre la povertà e le varie diseguaglianze.  

Al contrario, i paesi con sistemi educativi chiusi e che tendono a monopolizzare la conoscenza, non coglieranno le positività proveniente da un insegnamento democratico.

L’istruzione è un bene pubblico e come tutti i beni, non deve essere privatizzato (trasformando gli studenti in clienti).

Purtroppo, nonostante il tasso di abbandono degli studi per motivi economici sia alto, la logica commerciale nel sistema educativo cresce. 

Pensiamo per esempio a quello che accade nelle piattaforme MOOC (Massive Open Online Course). 

E se lo studio, definito “Open”, non fosse più condiviso e accessibile a chiunque, che cosa diventerebbe il concetto di maggiore giustizia sociale? 

Aria fritta. La cosa più brutta è che avremmo perso peró, una straordinaria opportunità di inclusione ed innovazione pedagogica.

Le università e i centri di ricerca, che dovrebbero essere il motore delle rivoluzioni sociotecnologiche, sono ancora, nel 2020, in modalità “closed by default”. 

Dovrebbero, invece, utilizzare approcci e contenuti aperti e permettere di implementare pratiche pedagogiche in cui insegnanti e studenti di diversi atenei, possono co-creare conoscenza di dominio pubblico. 

La libertà di riutilizzo, l’accesso aperto, la trasparenza, la gratuità e la condivisione, dovrebbero diventare parole d’ordine. 

Ovviamente i costi associati alla creazione del sapere dovrebbero essere assorbiti da enti pubblici o istituzioni con fondi ad hoc.

L’Open Education non può sottrarsi al promuovere politiche di produzione, organizzazione e condivisione del sapere.  Deve concepirla come un bene comune

Dare la possibilità a tutti di masticare il progresso scientifico, tecnologico e umanistico, vuol dire darsi la possibilità di una crescita sociale, culturale ed economica collettiva.

“L’open education” è la possibilità di poter avere a disposizione opportunità educative significative, per soddisfare le aspirazioni di realizzazione individuali.  

3 Motivi per cui vale la pena investire in iniziative di Open Education?

  1. Per il prossimo: 

l’educazione è un diritto fondamentale per ogni uomo sulla terra e tutte le barriere che limitano la possibilità di accedere a un’istruzione di qualità, devono essere spazzate. 

Non possiamo “girarci i pollici” mentre alcuni paesi economicamente svantaggiati, non formano i loro giovani per mancanza di strutture adeguate, di barriere linguistiche o per mancanza di professori capaci di diffondere il sapere. 

Cosi come dovrebbe essere abbattuto l’alto costo dei libri di testo per gli studenti universitari (come accade in America o in Gran Bretagna).

  1. Più richiesta di formazione: 

secondo le stime dell’UNESCO, la domanda di studi universitari passerà da 97 milioni di studenti nel 200 a 262 nel 2025. 

Questo significa che c’è una richiesta esponenziale di formazione e che, per essere soddisfatta, dovremmo creare migliaia di università sparse nel mondo. 

Ma non è possibile soddisfare questa crescente richiesta con la sola università tradizionale, abbiamo bisogno dell’Open Education per dare risposte efficaci. 

  1. Per la possibilità di costruire nuovo sapere e abilità.

La rivoluzione tecnologica permette di condividere qualsiasi materiale didattico a costo marginale nullo e la creazione delle licenze aperte rende legale questa condivisione. Potremmo costruire una sorta di cervello globale interconnesso.

  1. La conoscenza con la quale permettere ai vari ricercatori, studenti e professori di contaminarsi e generare nuovo sapere.  

Questo potrebbe permettere di dare agli Einstein che vivono in Africa o in Colombia, le stesse opportunità formative di chi vive a Singapore o a Chicago. 

Un percorso educativo in grado di fornire formazione di qualità e la consapevolezza intellettuale delle cause e degli effetti delle diseguaglianze, della povertà, della crisi attuale della politica, ecc…

Ma quali sono i benefici portati da tutto questo?  

 ◦ Apertura:

rimuovere gli ostacoli legali, tecnologici ed economici per permettere la fruizione della conoscenza e di conseguenza far aumentare il numero delle persone che possono usufruirne (con tutti gli effetti a cascata derivanti da una società più formata). 

Educare non significa solamente trasmettere la conoscenza, ma mirare alla peculiarità fondamentale di ogni insegnamento: insegnare a vivere.

 ◦ Inclusione: 

studenti diversamente abili o appartenenti ad una minoranza linguistica non sono più segati dai giochi, ma possono modificare il contenuto delle risorse didattiche per usufruirne (ad es. facendo la traduzione di un testo inglese per uno studente o insegnante d’italiano);

 ◦ Sperimentazione:

la co-creazione è un motore straordinario perché motiva gli studenti ad impegnarsi a costruire il loro apprendimento, piuttosto che diventare attori passivi dell’apprendimento calato dall’alto.

 ◦ Maggiore qualità:

quando le persone hanno l’opportunità di lavorare insieme, in modo continuativo, la qualità delle risorse didattiche migliora,  (cosi come la co-creazione stimola la motivazione degli studenti e degli insegnanti). Quindi viva l’open source.

 ◦ Reputazione:

le pratiche open possono migliorare la percezione positiva delle istituzioni, cosi come possono far crescere la fama di un professore che raggiunge un gran numero di studenti con i suoi corsi.

 ◦ Contribuire all’aumento dei flussi di cassa:

L’educazione open può essere anche parzialmente aperta. Ad esempio si potrebbe rendere gratuito l’accesso al contenuto, ma a pagamento alcuni servizi che ruotano attorno la formazione.

Se l’innovazione pedagogica deve, da un lato, rifiutare ogni forma di logica di dominazione o d’ indottrinamento delle nuove generazioni, dall’altro, deve promuovere processi di liberazione culturale, umana e sociale. 

Il pensiero di Don Lorenzo Milani affermava che: 

“l’impegno per l’alfabetizzazione in vista del possedere la parola è la più radicale prospettiva per una reale riforma della politica ed è la via per divenire sovrani, ovvero realmente uomini liberi”.

Ecco è questo che l’open education fa.

Se ancora non ti sei iscritto all’incontro 34: Tecnologie nell’apprendimento e Open Education, qui trovi il link:

https://singularityumilan.com/incontro34

Inoltre per partecipare attivamente alla diretta, è qui disponibile l’ebook gratuito (a cui si è ispirato questo articolo) scritto da #FabioNascimbeni nostro prossimo relatore e che si occupa di innovazione educativa da oltre 20 anni, con un interesse particolare per il digitale nell’educazione e per gli approcci aperti e inclusivi. 

È tra i fondatori e anima la rete #OpenEducationItalia

https://singularityumilan.com/incontro34-ebook