Autrice: Alessia Guarnaccia
Un’ExO – Exponential Organization – è «un’organizzazione il cui impatto (o output) risulta notevolmente superiore – almeno dieci volte – rispetto ai suoi competitor, grazie all’utilizzo di nuove tecniche organizzative, che fanno leva sulle tecnologie in accelerazione» (Salim Ismail)
La definizione è stata elaborata da Salim Ismail, nell’ambito della Singularity University, nel 2011, per descrivere un nuovo paradigma i cui primi deboli segnali apparvero fin dal 2009 e che interessava, attraverso modelli simili, molte delle organizzazioni nuove nel panorama di quegli anni.
Google, YouTube, Facebook, Airbnb, Uber, Amazon, TedX, GitHub, Groupon, Coursera, Netflix, Tesla, Wikipedia sono solo alcuni dei nomi di questo nuovo tipo di realtà (profit e non profit) le cui performance superavano anche di dieci volte quelli che potevano essere considerati i riferimenti “di settore”.
Come nei meccanismi evolutivi della natura, si è percepito di stare assistendo alla comparsa di una nuova specie da cui l’interesse ad individuare le caratteristiche, i concetti, le pratiche comuni a questi nuovi soggetti. Lo studio e l’analisi ha portato all’identificazione di specifici attributi e di costanti nei meccanismi di progettazione, gestione, comunicazione, ciclo di vita delle organizzazioni stesse.
Come principale caratteristica è stata riconosciuta quella di saper governare le forze di portata rivoluzionaria che stanno sempre più qualificando il panorama globale, come le tecnologie esponenziali, la tendenza del DIY(do it yourself), il crowdsourcing, il crowdfunding, il rising billion (il “miliardo in ascesa”, l’espressione utilizzata per indicare le nuove persone che si prevede saranno collegate a internet).
Le tecnologie cosiddette esponenziali sono quelle la cui crescita “cavalca” l’onda della legge di Moore (che identifica il raddoppiamento periodico della potenza di calcolo nei circuiti integrati) e il cui andamento è stato riconosciuto da Ray Kurzweilcome rappresentativo non solo dei circuiti, ma di tutta la tecnologia informatica (Loar – Law of Accelerating Returns).
L’informazione è il motore di questo fenomeno di crescita esponenziale e, una volta iniziato, il raddoppiamento periodico non si ferma (R. Kurzweil).
Molte tecnologie chiave sono oggi informatizzate e,seguendo la stessa traiettoria esponenziale, sievolvono ad un ritmo vertiginoso (intelligenza artificiale, robotica, biotecnologie, bioinformatica, neuroscienza, data science, stampa 3D, medicina digitale, manifattura digitale, nanotecnologie, biologia sintetica, nanomateriali. etc.). Quando queste tecnologie s’intersecano,il ritmo dell’innovazione cresce ulteriormente (R. Kurzweil), si pensi ad esempio all’uso di algoritmi di Deep Learning per scopi di diagnosi medica etc.
Stiamo assistendo a quella che Clayton Christensenchiama “disruptive innovation/innovazione dirompente”: un panorama in cui un prodotto o servizio si afferma creando un nuovo mercato e destabilizzando gli altri operatori.
Le ExO, da protagoniste di questo scenario, attraverso le tecnologie informatiche dematerializzano qualcosa che in precedenza era di natura fisica e, ribaltando modelli in precedenza consolidati, destabilizzano le tradizionali organizzazioni lineari che avevano impiegato ingenti quantità di risorse e impianti nello sviluppo degli stessi.
Viviamo un’epoca di grandi trasformazioni e stiamo assistendo ad una forte accelerazione del cambiamento, trainato da un considerevole numero di tecnologie che si stanno evolvendo ad un ritmo vertiginoso. Il cambio di paradigma di cui siamo protagonisti è definibile secondo Peter H. Diamandiscome il passaggio dal modello della scarsità a quello dell’abbondanza e «l’abbondanza è la direzione in cui va un mondo basato sull’informazione» (P.H. Diamandis, Steven Kotler, “Abundance: The Future Is Better Than You Think”).
Da sempre le economie si sono fondate sul “controllo della scarsità”: il bene raro aumenta il suo valore. Oggi invece, per effetto dell’informatizzazione di prodotti e servizi su scala globale, stiamo assistendo ad un capovolgimento dello scenario, ad un mondo a costo marginale molto basso o pari a zero (“drive to demonetization”) che un autore come Jeremy Rifkin ha identificato quale inizio di un nuovo sistema economico basato sul “commons collaborativo”.
Le ExO sono viste come chiave per gestire questa nuova era delle economie dell’abbondanza edel commons collaborativo. «Queste nuove organizzazioni sono esponenziali perché prendono qualcosa di scarso e lo fanno diventare abbondante» (Dave Blakely). Uno tra i tanti esempi è quello di Nokia che «acquisì Navteq nel tentativo di possedere e controllare la scarsità, per poi essere scavalcata da Waze che riuscì a sfruttare l’abbondanza» (Diamandis).
Salim Ismail e gli altri autori coinvolti nell’analisi (Michael S. Malone e Yuri van Geest) hanno notato che, raggiunta una certa dimensione (man mano che le corrispondenti industrie diventano sempre più informatizzate) le ExO assumono la forma di piattaforme che danno vita a nuove ExO più piccole, per cui il paradigma interessa realtà di tutte le dimensioni: grandi, medie, piccole (come parti dell’infrastruttura)e precisano che «l’organizzazione esponenziale è il futuro delle aziende in cui l’informazione gioca un ruolo importante, cioè di tutte le aziende».
Un’altra caratteristica identitaria delle ExO riguarda il loro impatto che, potendo essere potenzialmente enorme grazie agli strumenti che l’organizzazione riesce a governare, genera uno scopo per definizione molto ambizioso. Questo obiettivo, enunciato dalle organizzazioni stesse,spesso coincide con le grandi sfide dell’umanità ed èchiamato Mtp – Massive Transformative Purpose (ad esempio: Ted “Idee che vale la pena diffondere”; Google “Organizzare le informazioni a livello mondiale”; Singularity University “Avere un impatto positivo su un miliardo di persone” etc.).
Siamo ormai consapevoli che viviamo nella “società della conoscenza”, basata sulla gestione dell’informazione e assistiamo ad una “connessione potenzialmente infinita” tra saperi e informazioni diverse (D. De Kerckhove). Uno scenario che porta la necessità di approcci radicalmente differenti, laddove non basta l’interdisciplinarità e l’intersettorialità, ma si deve necessariamente agire nell’ambito della “cultura convergente” (H. Jenkins) e dell’“intelligenza collettiva”.
«Il sapere della comunità pensante non è più un sapere comune, perché ormai è impossibile che un solo essere umano, o anche un gruppo, dominino tutte le conoscenze, tutte le competenze, è un sapere essenzialmente collettivo, impossibile da riunire in un unico corpo» (P. Lévy).
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