Siamo liberi o determinati? Agiamo secondo la volontà nostra o le leggi della fisica ci impongono pensieri, comportamenti e azioni? Insomma, esiste, in ultima istanza, il libero arbitrio?

Millenni di riflessioni sul tema e di storia del pensiero filosofico occidentale (e non solo) sono incentrati anche e soprattutto su questo dilemma.

Un quesito che torna in data odierna attualissimo, nell’epoca delle neuroscienze.

Infatti, la possibilità offerta dalle tecnologie come la FMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging) e altre avanzate tecniche di imaging diagnostico permettono di indagare in maniera approfondita i meccanismi cerebrali che stanno alla base delle nostre azioni e dei nostri pensieri.

Effettivamente, questa era dell’imaging rinviene le sue recenti radici negli esperimenti di Benjamin Libet, pioniere degli studi scientifici sul libero arbitrio condotti attraverso l’indagine elettrofisiologica.

Già al tempo dei primi esperimenti in questa direzione, i risultati portavano a dubitare in parte dell’esistenza del libero arbitrio e a far scricchiolare l’impianto teorico-filosofico e teologico che aveva sorretto la civiltà ed il pensiero europeo e occidentale per secoli e millenni (Libet, Gleason, Wright,  Pearl 1983; Libet 1985).

Va detto che Libet, vero deus ex machina di queste ricerche e studi, non si sarebbe in realtà mai, nelle sue monografie divulgative, sbilanciato più di tanto (Libet 2004).

A distanza di quarant’anni dai leggendari esperimenti di Libet, un sempre più corposo numero di  scienziati e filosofi sta davvero incominciando a ritenere fallace una visione della mente, e della natura umana più in generale, come dominata dalla free will (Burkeman 2021).

Ovviamente non tutti sono d’accordo, come esponenti di un pensiero “conservative” legato alla difesa del libero arbitrio, sulle diverse motivazioni-argomentazioni religiose, logiche e filosofiche.

Complesse questioni pratiche – fra tutte, quelle giuridiche e politiche – stanno irrompendo nei dibattiti di politologi e filosofi ed esperti del diritto.

Ovvio: il principio di responsabilità e di libera scelta è stato il cardine del diritto romano, latino, occidentale.

In altri termini, il progredire delle “derive” deterministiche, che negano in maniera estremistica il libero arbitrio: potrebbe avere conseguenze non indifferenti non solo sul piano religioso o filosofico.

Si pensi a uno scenario in cui un uomo affetto da una particolare forma psicopatologica entri in un cinema e uccida persone senz’altro motivo se non per il fatto che glielo avevano ordinato le voci nella sua testa.

Senza entrare in questioni psichiatriche circa la diagnosi, è evidente che uno spregiudicato avvocato in un’aula di tribunale potrebbe attribuire il gesto a varie questioni, come ipotetiche anomalie della conduzione elettrica del tessuto cerebrale del suo cliente, alterazione delle circuitazioni neuronali, connettoma anomalo.

Fino ad oggi pochissimi giudici sarebbero stati, o potrebbero essere, realmente magnanimi, ma, domani, probabilmente di più, visto il trend delle scoperte sul libero arbitrio.

Insomma, nonostante la progressione degli studi sul cervello, non solo siamo ben lontani dall’integrare questi in una teoria della mente, ma anche in una teoria del diritto, dello stato e della società (Trautteur 2020).

Vi sono poi motivazioni, assai più ampie, riconducibili a campi più prettamente filosofici e scientifici.

Addentrarsi in questo campo è un’operazione molto complessa ed esulerebbe dalla presente trattazione, data la vastità del territorio in cui ci si avventurerebbe.

Con fare provocatorio, si vuole proporre questo esempio speculativo, intorno a quanto sia fallace una teoria classica del libero arbitrio e come potrebbero impattare, e già stanno impattando, le neuroscienze da questo punto di vista.

Prendiamo ad esempio un’ipotetica persona affetta da depressione. Senza intrometterci in polemiche e diatribe circa la scelta di un percorso terapeutico farmacologico o psicoterapico, operiamo uno scenario in cui il paziente viene indirizzato ad un trattamento farmacologico con antidepressivi.

Senza dilungarci troppo, il paziente, de facto, è tormentato da istinti e pensieri suicidari; il medico psichiatra gli prescrive antidepressivi e nell’arco di un tot di tempo, il paziente cessa di avere il corteo sintomatologico dal quale era affetto.

A molti potrebbe parere banale tale passaggio terapeutico: gli antidepressivi SSRI agiscono sulla ricaptazione della serotonina, inibendo lo scambio tra sinapsi ed attraverso altri complessi meccanismi biochimici, ancora non compresi fino in fondo, riportano il paziente a uno stato di serenità.

Eppure c’è qualcosa di incredibilmente misterioso e meraviglioso in tutto ciò. Cioè, se prima il paziente mostrava volontà e intenzione di togliersi la vita, ora non più. E questo grazie a un farmaco chimico inanimato, apparentemente.

Stiamo forse dicendo che in quella serie di compresse di farmaci SSRI (che compongono l’iter terapeutico) possano esserci in fieri azioni e pensieri? Cioè, in altri termini, nei cosiddetti farmaci psicotropi c’è libero arbitrio? O, meglio, forse, una serie di ipotetici liberi arbitrii, di volontà, di intenzioni, di azioni e di pensieri?

Come è noto, la materia grigia cerebrale sottoposta ad attività elettrica genera pensiero, rabbia, odio, invidia, calcolo, algebra, geometria, intuizione. Lo si sa da almeno un secolo e mezzo a questa parte.

Come poi da un’attività, appunto, biolettrica di miliardi di neuroni si passi a Omero, Dante, Michelangelo, Shakespeare, Mozart, Leonardo e Van Gogh, questo è ancora in larga parte ancora ignoto.

Forse non ce ne siamo ancora accorti, ma decisioni e volontà, pensieri e amore, malinconie e dubbi, potrebbero già essere stati sintetizzati e impacchettati in blister farmaceutici.

Qui è necessario fermarsi, sigillando provvisoriamente il discorso con il v. 142 del canto XXXIII del Paradiso: «A l’alta fantasia qui mancò possa».

Certo è che il libero arbitrio, come la libertà, è un concetto (ancora) troppo fondamentale per le società umana.

Non siamo qui in grado di dire se saremo liberi di decidere circa la nostra stessa libertà.

Ma di rifletterci sopra forse sì.

References

Burkeman, O. (2021), The clockwork universe: is free will an illusion? A growing chorus of scientists and philosophers argue that free will does not exist. Could they be right?, 27 aprile 2020, The Guardian, https://www.theguardian.com/news/2021/apr/27/the-clockwork-universe-is-free-will-an-illusion.

Libet, B. (1985), Unconscious Cerebral Initiative and the Role of Conscious Will in Voluntary Action, The Behavioral and Brain Sciences 8(4), pp. 529–566.

Libet, B. (2004), Mind time. The temporal factor in consciousness, Cambridge, Mass: Harvard University Press.

Libet, B. (2007), Mind time. Il fattore temporale nella coscienza, Milano: R. Cortina.

Libet, B; Gleason, C. A.; Wright, E. W.; Pearl, D. K. (1983). Time of Conscious Intention to Act in Relation to Onset of Cerebral Activity (Readiness-Potential). The Unconscious Initiation of a Freely Voluntary Act, Brain, 106(3), pp. 623–642.

Trautteur, G. (2020), Il prigioniero libero, Milano: Adelphi.