Autrice: Alessia Guarnaccia

L’agricoltura è un’attività ancestrale dell’essere umano che ha plasmato sia l’ambiente sia i modelli sociali ed economici che si sono susseguiti dalle origini dei tempi. Il passaggio dalla raccolta casuale alla produzione di cibo è considerato “una delle grandi e radicali trasformazioni della storia dell’umanità”. E’ il cambiamento alla base di quella che è stata definita come “rivoluzione neolitica”(V. G. Childe, Man Makes Himself, 1936), a significare l’imponente rilevanza del processo: “la prima delle tre grandi rivoluzioni che avrebbero scandito la storia dell’umanità”, seguita dalla rivoluzione urbana e quella industriale.

Una transizione che appare connessa con il passaggio da stili di vita per lo più nomadi (associati a forme di sostentamento quali la “caccia e raccolta”) a comportamenti sedentari, con l’inizio della domesticazione di diverse specie di piante ed animali e con lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento; attività che, nel corso del tempo, hanno generato una profonda interconnessione con il contesto, tanto che molti degli ambienti oggi considerati naturali, sono anche frutto di un’antropizzazione durata millenni.

Metodi e tecniche di coltivazione, trasmesse di generazione in generazione, hanno formato un bagaglio di conoscenze che si è evoluto sino ad oggi.

Con l’avanzamento del progresso tecnologico, poi, molti strumenti (anche nati in contesti differenti) sono stati implementati nell’agricoltura e, più in generale, in comparti del cosiddetto settore primario (agricolo, zootecnico, forestale…).

Così è accaduto, ad esempio, che lo sviluppo di sistemi come il Geographic Information Systems (GIS) o il Global Positioning System (GPS) consentisse l’utilizzo di queste tecnologie in contesti agricoli già da metà anni 80, inizi anni 90 del secolo scorso: è così che è nata (negli USA) la cosiddetta “agricoltura di precisioneAdP” (Precision agriculturePA / Precision farming), poi evolutasi nella più recente agricoltura digitale (AD) che aggiunge alle precedenti applicazioni, anche la raccolta/gestione di dati “fino alla creazione di processi previsionali”.

L’agricoltura di precisione (AdP) è definita come un sistema in grado di fare “la cosa giusta, al momento giusto, nel posto giusto, nel modo giusto” (F.J. Pierce e P. Nowak – 1999). E’ l’uso della tecnologia evoluta che consente di “migliorare il rapporto tra l’output (di solito cibo) e l’input (suolo, acqua, energia, fertilizzanti, pesticidi, ecc.) (LINK).

L’AdP/AD si basa su “quattro pilastri tecnologici” principali, di cui i primi due già citati. Il primo è rappresentato appunto dal “sistema di posizionamento geografico (GPS) basato su costellazioni di satelliti (come l’americano Navstar Gps, il russo Glonass, l’europeo Galileo e il cinese BeiDou/Compass)”; il secondo è il sistema d’informazione geografica (GIS). A questi si aggiungono poi innumerevoli applicazioni e dispositivi (terzo pilastro) come, ad esempio, sensori (remoti e prossimali) e attuatori (ad es. per applicazioni a rateo variabile in ambito di concimazione, trattamenti, semina); sistemi di “controllo sezioni”, tecnologie per la valutazione della qualità dei prodotti; utilizzo di droni (ad es. per operazioni come “scouting colturale o esplorazione di aree difficilmente accessibili”; con funzione di supporto per sensori al fine di operare una “mappatura di fenomeni al suolo” oppure droni impiegati per l’esecuzione di veri e propri interventi colturali quali distribuzione di fitofarmaci, concimi, ecc.). Vengono infine considerate (quarto pilastro) tutte le tecnologie che consentono “connettività e interoperabilità” (banda larga e ultra larga – necessaria quindi anche nelle zone rurali – protocolli di comunicazione IoT, blockchain ecc.) (LINK).

GPS e GIS sono funzionali soprattutto per operazioni come la “navigazione delle macchine agricole” e la “gestione sito-specifica delle lavorazioni”; la prima delle quali, governata con il satellitare, consente di “attuare le migliori strategie di percorso evitando sovrapposizioni, transiti inutili e limitando il compattamento” del suolo. La gestione sito-specifica delle lavorazioni permette, invece, di trattare in modo differenziato le aree di un appezzamento così da consentire, ad esempio, una distribuzione di fertilizzante in modo non uniforme, bensì variando le dosi dello stesso mediante istruzioni geografiche (mappe di prescrizione) e tecnologie per la “concimazione a rateo variabile”(VRT -Variable Rate Technology) oltre che in base alle diverse esigenze e caratteristiche di fertilità del suolo.

La diffusione di questo modello di gestione è supportata da interventi istituzionali; ad esempio in Italia, negli anni scorsi, sono state approvate le cosiddette “Linee guida per lo sviluppo dell’Agricoltura di Precisione” (D.M. 22 dicembre 2017).

L’AdP/AD quindi introduce nei processi produttivi agricoli, zootecnici, forestali, tecnologie e metodi che consentono di gestire in modo altamente performante la grande “variabilità spaziale e temporale” tipica di questi contesti. Mediante l’utilizzo di specifici strumenti e tecniche, vengono raccolti, elaborati, analizzati dati e correlati con altre informazioni al fine di prevedere scenari e orientare le decisioni, con lo scopo di “migliorare la produzione, minimizzare i danni ambientali ed elevare gli standard qualitativi dei prodotti agricoli”.

Si configura dunque come un “paradigma” in grado di agevolare il perseguimento dell’obiettivo di “produrre di più con meno”: più cibo, meno suolo, acqua, energia, pesticidi, fertilizzanti e così via.

L’evoluzione tecnologica ha consentito modifiche importanti anche nel settore delle colture protette con il grande sviluppo, ad esempio, delle coltivazioni in ambiente controllato (CEA); contribuendo quindi a delineare un contesto detto di “indoor farming” (contrapposto all’”outdoor farming” dei campi all’esterno) sempre più evoluto, tanto da arrivare alla definizione di tecniche di colture senza suolo come le idroponica, acquaponica, aeroponica.

Queste tecniche consentono, tra l’altro, lo sviluppo in altezza delle coltivazioni e arricchiscono l’elenco delle pratiche del cosiddetto vertical farming, offrendo poi interessanti soluzioni anche per progetti di rigenerazione urbana attraverso approcci innovativi alla cosiddetta urban agriculture: opportunità potenzialmente in grado di agevolare un utilizzo più consapevole di risorse primarie come acqua e suolo (“consumo di suolo” – direttiva 2007/2/CE) anche in contesti urbanizzati.

E’ opinione condivisa dagli analisti di settore che l’agricoltura stia attraversando una fase molto complessa che richiede l’impiego consapevole e diffuso di strumenti e approcci congrui per fronteggiare gli scenari climatico, demografico e di adeguatezza della tecnologia, del prossimo futuro (LINK).

I cambiamenti climatici rappresentano un rischio notevole per la fertilità dei suoli. Si registrano poi “un’espansione di fenomeni di desertificazione”, una “crescita di eventi meteorologici estremi (uragani, inondazioni…)”, una grande “diffusione di parassiti e infestanti” e “imprevedibili variazioni produttive delle principali colture dovute ai mutamenti di temperatura, umidità, luminosità e concentrazione di CO2” (Rosenzweig et al., 2011) e (Wiebe et al., 2015).

Dal punto di vista demografico, secondo le stime ONU , la popolazione mondiale aumenterà fino a 9,1 miliardi nel 2050, di cui circa il 70% vivrà nelle città e nelle aree urbane. Incremento demografico che si prevede avverrà quasi per intero nei Paesi in via di sviluppo e che causerà l’aumento continuo della domanda di beni alimentari di qualità sempre migliore (grazie alla crescita della classe media nelle economie emergenti e della consapevolezza alimentare).

“Tenuto conto della possibilità limitata di espansione dell’impiego agricolo di terreni e delle risorse idriche, l’aumento di produzione necessario per soddisfare la crescente domanda alimentare dovrà provenire principalmente dal miglioramento della produttività e da una maggiore efficienza nell’uso delle risorse.”(FAOLINK |FOFA The future of food and agriculture).

Dunque per far fronte all’incremento dell’output (cibo) richiesto dalla popolazione, non basterà aumentare proporzionalmente l’input (suolo, acqua, energia, fertilizzanti, pesticidi, ecc.), ma sarà indispensabile costruire le basi per “agire sulla variabile tecnologica” così da ottenere un cambiamento strutturale e sperare di raggiungere l’obiettivo di «porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile» (Sustainable Development Goals, SDGsAgenda 2030).

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